Quando le clausole della fideiussione riproducono il modello ABI, la fideiussione è totalmente nulla
Tribunale di Imperia sentenza n. 238/2020 del 14/05/2020
“Sono nulle le clausole contrattuali contenute nelle fideiussioni prestate dagli opponenti. Tale vizio deriva dalla loro natura meramente riproduttiva degli schemi contrattuali uniformi ABI, censurabili per il loro «scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall'inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall'invalidità o dall'inefficacia dell'obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa» nonché per carenza di «un legame di funzionalità» col negozio fideiussorio e, dunque nulle quali intese vietate dalla normativa antitrust (cass. n.29810/2017).
Questo giudice, nonostante la particolare natura della nullità in questione, atteso che è la stessa Corte di Cassazione che ha indicato la sanzione di nullità dell'illecito anticoncorrenziale come estesa fino a travolgere il negozio concluso "a valle" in quanto «l'art.2 della legge n.287 del1990 stabilisce la nullità delle intese, non ... ha inteso dar rilevanza esclusivamente all'eventuale negozio giuridico originario pastosi all'origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessa situazione - anche successiva al negozio originario - la quale -in quanto tale- realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza», ritiene che non vi sia ragione di derogare alla disciplina generale della nullità e che si debba applicare anche nel caso di specie la disciplina della nullità parziale, con la conseguente necessità di applicare la norma che dispone la nullità dell'intero contratto quando risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità (art. 1419 Cc). 4-4) Questo giudice ritiene, pur nella consapevolezza di una giurisprudenza che sul punto appare fortemente divisa, dare continuità all'orientamento favorevole alla nullità totale del contratto stipulato in esecuzione dell'intesa vietata” (CA Bari sent. n.526/2018; CA Bari sent. n-45/2020; CA Firenze, sent. 18.7.2018; CA Roma, sent. 26 luglio 2018; Tribunale Fermo, ord. 24.9.2018; Tribunale Salerno, sent. n. 3016/2018; Tribunale Siena, sent. del 14.5.2019; Tribunale Taranto, sent. 8.8.2019; Tribunale Belluno, sent. 31.1.2019)
Con questa sentenza, il Tribunale di Imperia ribadisce che la presenza delle 3 clausole del modulo Abi contestate dall’Autorità Antitrust, dalla Banca d’Italia e soprattutto dalla Corte di Cassazione, comporta la nullità di tutto il contratto fideiussorio, e non solo delle 3 clausole in questione, in quanto essendo quest’ultime essenziali e significative (e soprattutto molto sfavorevoli per il fideiussore), non è possibile pensare che il contratto possa “sopravvivere” senza esse. Come previsto pertanto dal Codice Civile, qualora le clausole o la parte di contratto nulla siano essenziali, l’intero contratto è nullo di conseguenza, in questo caso con effetto liberatorio per il fideiussore. Quindi nulla deve pagare.
Ed al riguardo tali contratti (c.d. "contratti a valle"), ovvero le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie, conformi allo schema di contratto predisposto dall'ABI, in quanto contenenti la sostanza delle clausole 2/8/9 dello schema ABI, indipendentemente dal fatto che siano stati conclusi prima o dopo l'accertamento dell'intesa anticoncorrenziale della Banca d'Italia e quindi prima o dopo il2.5.2005, sono nulli in quanto applicazione di quelle intese illecite (cd. "intese a monte") (cass. n.29810/2017; cass. UU n.2207j2oos; cass. n.13486j2019). Per quanto qui specificamente interessa, nel richiamato provvedimento della Banca di Italia era disposto: «gli artt. 2, 6 e 8, dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate in modo uniforme, sono in contrasto con la L. n.287 del 1990, art. 2, comma 2, lett. a)». Con tale articolo, il legislatore ha inteso proibire la distorsione della concorrenza risultante dall'indirizzare le attività economiche verso un interesse comune. Ogni forma di distorsione della competizione del mercato costituisce comportamento rilevante ai fini dell'accertamento della violazione, con ricadute sui negozi che costituiscono applicazione dell'intesa illecita e deve essere sanzionato con la nullità.
La Banca d'Italia, dunque, ha ritenuto di vietare le clausole in oggetto perché, imponendo al garante oneri diversi da quelli stabiliti dalle norme del codice civile, alterano significativamente l'assetto equilibrato degli interessi alla base della disciplina civilistica della fideiussione (vedi CA Bari n. 45/2020). Peraltro dell'essenzialità della clausola c.d. di sopravvivenza non fa mistero neppure la stessa ABI che, nel difenderne il mantenimento, sostiene trattarsi di disposizione senza la quale non potrebbe attuarsi la peculiare funzione della fideiussione omnibus, ovvero quella di «garantire alla banca l'effetto solutorio definitivo», che «non potrebbe dirsi compiutamente realizzato qualora il pagamento del debitore fosse annullato, dichiarato inefficace o revocato» (par. 31, provv. Banca di Italia n. 55/2005). Allo stesso modo, sempre a giudizio dell'ABI, «la funzione indennitaria della fideiussione omnibus giustifica anche la previsione dello schema che sancisce la sopravvivenza della garanzia a fronte dell'invalidità dell'obbligazione principale. Il fideiussore, infatti, anche quando il vincolo del debitore fosse dichiarato invalido, dovrebbe garantire l'obbligo di restituzione delle somme erogate dalla banca, in modo da evitare un ingiustificato arricchimento del debitore ai danni della stessa» (par. 32, provv. Banca di Italia n. 55/2005).
Conforme: Corte di Appello di Bari sentenza n.730/2020 del 19/05/2020
«Senza le clausole nulle, la banca non avrebbe accettato la fideiussione, la cui funzione "indennitaria" e di garanzia del cd "effetto solutorio definitivo" sarebbe inevitabilmente venuta meno, facendo così perdere alla banca l'interesse al rilascio della garanzia».”
La Corte, con il provvedimento in esame, afferma che “se così non fosse, non si spiegherebbe la ragione per cui le banche, nonostante le prescrizioni emanate dalla Banca d’Italia, abbiano continuato a richiedere il rilascio di fideiussioni mediante i moduli contrattuali contenenti le clausole nulle”.
Lo schema della fideiussione omnibus oggetto dell'intesa vietata assolve, infatti, ad una funzione specifica e diversa da quella della fideiussione civile, funzione che «verrebbe meno se le clausole più significative fossero eliminate dallo schema» (par. 32, provv. Banca di Italia n. 55/2005), in un contesto di disapplicazione dell'intesa nulla, e di riconosciuta nullità delle clausole in questione, infatti, i contratti non sarebbero stati conclusi ad analoghe condizioni.
Il ragionamento controfattuale richiesto dalla legge (art. 1419 Cc che dispone la nullità dell'intero contratto quando risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità) mira a porre al centro di ogni decisione la verifica della effettiva volontà dei contraenti: vanno salvati i contratti che possono considerarsi come effettivamente voluti, ed eliminati quelli non fondati su un presumibile effettivo consenso. Per discutere della presumibile volontà delle parti bisogna definirne il contesto che nel caso di specie è quello «che sarebbe esistito in assenza dell'atto principale colpito da nullità e, quindi, su un mercato non falsato dalla presenza dell'intesa» (provv.to ABI Milano del 4.7.2019) e la domanda che nel caso di specie occorre porsi «è se in un mercato ragionevolmente concorrenziale (non falsato dalla presenza dell'intesa nulla) i contraenti avrebbero raggiunto ugualmente l’accordo sul contenuto del contratto pur mutilato delle clausole in questione.
Conforme : Tribunale di Belluno sentenza n.53/2019 del 31/01/2019
“Sotto il profilo relativo all'estensione della nullità, pertanto, anche alla luce di quanto argomentato da recente giurisprudenza di merito (Tribunale di Salerno n. 3016/201 g del 23/08/2018), discende la nullità integrale delle fideiussioni contestate, con travolgimento dell’obbligazione accessoria da loro portata a carico dell'opponente (Quod nullum est, nullum producit qffectum).”
ll tribunale di Belluno, con la sentenza in commento ha dichiarato che le clausole – tipo censurate da Banca d’Italia (già autorità garante) coincidono nell’esatta sostanza con le condizioni generali predisposte dalla banca convenuta opposta ed accettate dall’opponente ed ha quindi ritenuto nulle, le clausole contrattuali contenute nelle fideiussioni prestate dall’opponente.
La suddetta nullità vizio, deriva dalla loro natura meramente riproduttiva degli schemi contrattuali uniformi ABI censurabili per il loro “scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa,” nonchè per carenza di un legame di funzionalità” con negozio fideiussorio e – dunque – nulli quali intese vietate dalla normativa antitrust, per il disposto degli artt. 2, c. 2, lett. a), e 3 della L. n. 287/1990 (cfr. Cass. 29819/20179).
Si ricorda che tali violazione furono accertate dalla Banca d’Italia, con provvedimento n. 55/2005, all’esito dell’istruttoria svolta ai sensi degli artt. 2 e 14 della L. 287/1990 nei riguardi dell’ABI (l’associazione delle banche italiane), su parere conforme dell’AGCM, che ha così dichiarato “ gli articoli 2,6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussioni omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90” .
Tradizionalmente, l’art. 2 dei predetti moduli fideiussori sottoposti alla firma della clientela, contiene la cosiddetta “clausola della reviviscenza”, in base alla quale il fideiussore è tenuto “a rimborsare alla banca le somme che alla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo”. Ebbene, con questa pattuizione, così gravosa per il fideiussore, la banca ha la certezza di avere prima o poi la soddisfazione della propria pretesa creditoria, indipendentemente dagli avvenimenti successivi all’adempimento;
– con l’art.6, si evidenzia ancora di più uno squilibrio delle posizioni tra banca e fideiussore, posto che “i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ. che s’intende derogato”;
– per ultimo, vi è l’articolo 8 che crea un effetto “espansivo ed estensivo” della garanzia sugli obblighi di restituzione del debitore principale in caso in cui il rapporto principale fosse stato dichiarato invalido, stabilendo che “qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate”.